Questa settimana due fatti hanno sconvolto le cronache dal Veneto.
Lunedì mattina una operazione della Procura Distrettuale della Repubblica a Venezia ha arrestato sei persone per reati contro la pubblica amministrazione.
Si tratta di due ex sindaci, di un capo ufficio tecnico, un architetto, un importante costruttore e un manager della sanità privata.
Sono accusati a vario titolo di aver preteso compensi per operazioni urbanistiche di cambio d’uso e di aver tentato di pilotare una gara d’appalto per assegnare la costruzione di una casa di riposo direttamente al costruttore.
Siamo a Santa Maria di Sala, paesotto industriale a cavallo tra le province di Venezia e Padova.
Queste naturalmente sono le accuse, tutte da dimostrare in sede di processo.
Ma lo squarcio aperto dalle intercettazioni (sì, proprio quelle che il governo ora vuole restringere), lascia letteralmente “basiti”, per usare l’espressione pronunciata dal sindaco di Venezia in un laconico comunicato emesso a poche ore dagli arresti: perché entrambi gli amministratori appartengono a Coraggio Italia, il partito fondato dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e che alle Politiche 2022 ha ottenuto circa 250 mila voti, lo 0,91 per cento dei voti. Una percentuale da prefisso telefonico (non dirò quale).
L’affresco che affiora dall’Ordinanza che dispone gli arresti è sconcertante: un paese letteralmente dominato dall’ex sindaco, coordinatore provinciale del partito di Brugnaro, una totale vischiosità nei rapporti tra ufficio tecnico, professionisti locali, amministratori e impresari, la collusione tra politica locale e imprenditori, una categoria abitualmente prodiga di consigli alla politica ma poi molto attenta, almeno in questo caso, ad evitare le gare.
Insomma, uno scenario tutt’altro che rassicurante.
Mi viene solo da chiedere: quanti altri Comuni sono governati con questo stile?
Il secondo fatto della settimana è l’annunciata chiusura dello stabilimento Safilo di Longarone, che occupa poco meno di cinquecento persone. Lavoratori e sindacati l’hanno scoperto giovedì sera, non appena l’azienda dell’occhialeria (di proprietà del fondo olandese HAL) ha comunicato i risultati preliminari di bilancio 2022, peraltro tutti positivi (vendite nette a 1,076 miliardi, più 11%, e un utile di 101 milioni di euro, più 24%).
L’azienda ha spiegato in una nota che, a causa dell’evoluzione del portafoglio, del contesto, delle dinamiche competitive e di “una persistente sovracapacità produttiva”, il Consiglio di amministrazione ha incaricato il management di “esplorare delle soluzioni alternative per lo stabilimento di Longarone”.
Ora, a parte il fatto che Longarone è il paese cancellato dalla tragedia del Vajont nel 1963 e che nella fabbrica di occhiali vi lavorano quasi cinquecento persone, una comunicazione di questo tipo mostra come al gruppo internazionale interessino i numeri, non le persone.
In un momento nel quale si fa un gran parlare di reputazione, diritti, società benefit, etica e responsabilità di impresa, non vi sembra una contraddizione?
Leonardo Del Vecchio, per capirsi, l’industriale che a pochi chilometri da Longarone ha iniziato a costruire il suo impero, non avrebbe mai agito così.
Ma viviamo un’epoca evidentemente dove i profitti contano sempre di più e le persone sempre di meno.
Una terza vicenda coinvolge il Veneto, ma ne parleremo più avanti: le polemiche sul neo ministro della Giustizia, il trevigiano Carlo Nordio, che vuole riformare la giustizia e la nomina a vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura del legale padovano Fabio Pinelli, un uomo dalle grandi relazioni.
Buon fine settimana!