Il giorno dopo l’approvazione del bilancio del Porto di Venezia, Pino Musolino si fa trovare senza difficoltà. L’ex presidente dell’Autorità portuale ha qualche sassolino nelle scarpe e approfitta del weekend per toglierselo.

«Il bilancio approvato è il migliore di sempre», attacca Musolino, ora a capo dell’Autorità portuale di Civitavecchia, «ne sono felice, poiché è il bilancio che ho contribuito a realizzare fino al 16 dicembre scorso ed è in perfetta continuità con quello del 2019, la cui approvazione era stata a lungo ostacolata».

Conti contro i quali si erano scagliati la rappresentante della Regione del Veneto e il rappresentante della Città metropolitana, con una serie di assenze e rilievi che avevano fatto mancare più volte il numero legale e mandato in stallo l’attività del Porto. «Ora il bilancio approvato», spiega Musolino, «è praticamente identico, come lo era quello del 2019 a lungo osteggiato, al punto da forzare la legge e costringere il ministero a commissariare l’ente, nominando peraltro me stesso commissario. Se fossimo un paese serio, considerato che i membri del comitato sono gli stessi, mi aspetterei delle scuse per il modo ignobile con cui sono stato trattato».

Musolino non fa mistero della sua convinzione, ora ancora più sedimentata di prima: «Mi sembra la prova regina, una pistola fumante. L’ostilità sul bilancio era strumentale all’unico obiettivo che il reuccio aveva in mente, cioè quello di eliminare dall’Autorità portuale una persona che era di ostacolo ai suoi progetti».

Il reuccio, per Musolino, risponde al nome del sindaco Luigi Brugnaro, e il suo disegno sarebbe molto chiaro: «L’operazione a questo punto si è svelata in tutto il suo cabotaggio», aggiunge Musolino, «ha tenuto un porto come Venezia prigioniero per quasi due anni, nel peggior momento possibile. E tutto per le mire di un sindaco che pensa di essere re, e che aveva messo me in una lista di proscrizione. Si può fare tutto questo con le istituzioni?»

Secondo Musolino la strategia di Brugnaro è molto chiara: vuole avere le mani libere nella pianificazione urbanistica delle aree portuali. Per questo l’ex presidente del Porto rappresentava un ostacolo: «Ha impiegato due anni dei quattro di mandato per farmi fuori, trovando un pretesto assolutamente strumentale in una vicenda che io peraltro avevo ereditato e che ho risolto, da commissario, nell’esclusivo interesse del Porto».

Musolino si riferisce al progetto di finanza legato al Venice Ro Port Mos di Fusina, su cui pendeva una partita da 80 milioni di euro che il Porto avrebbe rischiato di pagare. Nel bilancio 2020 approvato, questa vicenda è stata chiusa con l’inserimento a residuo passivo di 7 milioni di euro, esattamente come deciso da Musolino commissario e come sottoscritto dal successore, Cinzia Zincone.

Pino Musolino ha lasciato il suo incarico veneziano lo scorso dicembre, assumendo la presidenza dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, praticamente i porti di Roma e Civitavecchia: «Mi trovo benissimo», conclude, «e lavoro in grande sintonia con le amministrazioni locali, dove ho trovato sindaci del Pd, della Lega, di Forza Italia, presidenti di Regione del Pd e sindaca metropolitana dei Cinque Stelle. Uniti da una comune strategia di sviluppo. Una sintonia che a Venezia non c’è stata, unicamente per questo atteggiamento da reuccio che non giova né al Porto né al territorio. Ricordo che parliamo di una infrastruttura strategica per tutto il Veneto e il Nordest. In questi anni il Porto ha toccato punte record di traffico merci e persone: tenere sotto scacco l’operatività di un’infrastruttura così per ragioni politiche è una scelta pericolosa, i treni non passano due volte».

(Pubblicato su la Nuova Venezia il 23 maggio 2021)