L’ingegner  Roberto Corbo, 44 anni, presidente del consiglio di amministrazione dell’impresa di costruzioni Corbo Group spa di Caserta, non ne fa una questione personale. Ma dopo aver perso un appalto da sette milioni di euro per un’inchiesta rivelatasi priva di rilievi penali, ci tiene almeno alla pubblica riabilitazione. «Tutti parlano e pontificano sullo Stato di diritto e di garanzia in cui viviamo – spiega – ma la riabilitazione dalla malagiustizia è ancora evidentemente un’utopia. Il vero carcere, per un innocente, inizia fuori e non dietro le sbarre».
I fatti sono questi. Nel 2018 l’impresa casertana vince un appalto da quasi 7 milioni di euro bandito dalle Opere Pie di Onigo per la ristrutturazione della ex Casa Sabbione, che ospita alloggi per anziani. Il ribasso d’asta è consistente: uno sconto del 28 per cento. Le Opere Pie non ci vedono chiaro e approfondiscono. E dopo una serie di accertamenti escludono l’impresa dalla graduatoria perché scoprono l’esistenza di un’interdittiva emessa dal Prefetto di Caserta. Il provvedimento è legato alla maxi inchiesta “Stige” condotta dalla Procura di Catanzaro, che porta in carcere l’imprenditore con l’accusa di concorso esterno in associazione ’ndranghetista, per i suoi legami con un membro della famiglia Giglio.
Da quel giorno l’impresa Corbo Group – dotata in quel momento di un portafoglio di commesse di venti milioni di euro e un centinaio di addetti – è tagliata fuori da ogni appalto pubblico ed è costretta ad arrampicarsi per sopravvivere.
Tuttavia, il Tribunale del Riesame annulla l’ordinanza di custodia a carico dell’imprenditore, che nel frattempo si è fatto diciassette giorni di carcere. E pochi mesi dopo il giudice per l’udienza preliminare lo assolve «perché il fatto non sussiste». Tante scuse e arrivederci.
Nel frattempo, però, scatta la procedura per l’emissione di una interdittiva anti mafia con divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.
Ed è esattamente a questa che fa riferimento l’ente Opere Pie d’Onigo togliendo la  Corbo Group dall’affidamento in corso dell’appalto. Ineccepibile, in quel momento. Dopo una serie di complesse procedure – la Corbo non fu l’unica impresa esclusa all’epoca – l’appalto prende la direzione della quinta classificata, un’impresa locale e ben referenziata, la Emaprice, sede legale a Bolzano, sede operativa a Possagno.
Ci vorranno quasi due anni per giungere a conclusione della vicenda. Le carte dell’inchiesta, con lo stralcio della posizione dell’imprenditore, arrivano finalmente alla prefettura di Caserta, che revoca l’interdittiva, la quale aveva prodotto i suoi effetti su portafoglio di commesse dell’impresa. Tutto perfettamente regolare dal punto di vista legale, da una parte e dall’altra. Ora Roberto Corbo ci tiene a dire: sono pulito e, se nessuno mi tornerà a dare gli appalti perduti, almeno mi restituisca l’onore. Con la ’ndrangheta non c’entro. –
D. Fer.