Nessuno meglio di un familiare sa che cosa voglia dire accostarsi all’Alzheimer, malattia che strappa a morsi la persona, svuotandole ricordi, affetti, parole. Una prigione anche per chi sta a fianco, giorno e notte, per 365 giorni l’anno.


Ma davvero nessuno può immaginare che cosa voglia dire farlo per ventidue lunghi anni, praticamente un terzo della propria vita adulta. Possiamo solo intuirlo, mettendoci in ascolto delle persone che ieri mattina nella Sala del Commiato di Santa Bona hanno salutato il silenzioso eroe di queste righe – lo chiameremo Amedeo – certo insufficienti a contenere il valore di una straordinaria storia d’amore.

Lei – la chiameremo Gabriella – che, poco più che cinquantenne, rivela i sintomi della più crudele e immorale delle demenze. Lui che, praticamente coetaneo, affretta il proprio pensionamento sapendo perfettamente a cosa stesse andando incontro. Un calendario di giorni l’uno uguale all’altro, senza riposo, assistendo impotente allo sgretolarsi degli affetti.
Ventidue anni dopo, dopo aver messo a letto la moglie malata, lui si spegne all’improvviso. Aveva 77 anni. Lo trovano poche ore dopo, accanto alla inconsapevole sposa. Lui senza vita, lei viva senza più lui.

I figli, i parenti, gli amici hanno tributato a questa silenziosa traversata nel deserto parole commoventi: descrivendo un uomo riservato e integerrimo, totalmente dedicato alla moglie, ai quattro figli, ai nipoti. Un punto di riferimento solido, capace di trasmettere lucidità e valori. «Uno stoico angelo custode» l’hanno definito. Il grazie dell’Associazione per l’Alzheimer, sincero e discreto. Le note di Bocelli ad alleviare il distacco, ricordando quel lontano viaggio in Sardegna che l’uomo aveva regalato alla sua sposa, consapevole della malattia che stava progredendo. Sperando che quell’ultimo viaggio insieme non finisse mai. Da quel giorno, non si è più mosso dal capezzale. Lui, che al chiasso aveva sempre preferito la riservatezza, si sarebbe schermito e quasi scusato per aver ceduto prima della sua sposa. Ma non era giusto neanche passare sotto silenzio questi ventidue anni. (d.f.)

Senza parole

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